There's something strange about how animals enter our lives when we need them most.

Between April and November 2024, I was going through one of those periods when everything feels called into question. Uncomfortable questions crowded my mind: the kind you'd rather avoid but eventually have to face. Where am I going? What do I really want? Are the choices I'm making the right ones?

It was precisely during those moments of inner turmoil that the hoopoe began to appear.

First at dawn, in the garden at home in Sicily. Then during walks by the sea, when the sun was setting on the horizon. And again in the mountains, always in moments of deepest reflection. It was never random. It seemed this bird with its undulating flight knew exactly when to show itself.

The hoopoe is a curious creature. It migrates thousands of kilometers, crossing continents guided by an instinct it never questions. It doesn't get lost in endless reasoning about which direction to take. It simply flies. Yet its movement is never frantic: it undulates through the air with its own rhythm, as if dancing with the wind instead of fighting it.

Watching it, I recognized something that was changing in me. For a long time, I was an extremely rational person, someone who needed to analyze every aspect before making a decision. Every choice had to be weighed, calculated, justified. But over time, thanks to the right influences and lived experiences, I began to trust my instinctive side too, the part that knows without knowing why, that feels the right direction before the mind can explain it.

The hoopoe perfectly embodied this balance I was seeking. It just flies, without thinking. It doesn't need to plan every wingbeat or rationalize its route. It follows something deeper than logic.

During those repeated sightings, I began to understand that perhaps the answer to my questions wasn't in finding absolute certainties, but in accepting movement itself. In saying yes to change, even when you don't know where it will take you. In trusting that inner voice that, like migratory instinct, knows things the rational mind cannot yet comprehend.

The hoopoe is also linked to transformation and wisdom in many cultures. In ancient Egypt it was considered a messenger between worlds; in other traditions, a symbol of virtue and faithfulness. But what struck me most was its ability to adapt: it nests in cavities, camouflages itself when necessary, but never gives up its journey.

Months later, thinking back to that period, it seems obvious that those flights were a kind of silent response from the universe. As if it were telling me: "Stop tormenting yourself. Trust the movement. Nomadism isn't just physical, it's also mental, spiritual."

That's why I chose "Nomad Upupa" for this space. Because I believe in traveling, both through places and through thoughts. In seeking new stimuli to discover parts of myself I didn't know. In trusting the instinct for movement, even when the destination isn't clear.

Like the hoopoe, I want to learn to undulate instead of flying straight. To be present in the journey, not just at the destination.

And perhaps, by sharing these reflections after they've had time to settle, someone else will recognize their own guiding animal when they're ready.

The photos shown capture some of those Sicilian sunsets and dawns where the hoopoe would appear, like a silent reminder that answers come when you stop looking for them so desperately.

C'è qualcosa di strano nel modo in cui gli animali entrano nella nostra vita quando ne abbiamo più bisogno.

Tra aprile e novembre 2024, stavo attraversando uno di quei periodi in cui tutto sembra rimesso in discussione. Le domande scomode si aggrovigliavano nella mente: quelle che preferisci evitare ma che alla fine devi affrontare. Dove sto andando? Cosa voglio davvero? Le scelte che sto facendo sono quelle giuste?

È proprio in quei momenti di tormento interiore che l'upupa ha iniziato a comparire.

Prima all'alba, nel giardino di casa in Sicilia. Poi durante le passeggiate al mare, quando il sole calava sull'orizzonte. E ancora in montagna, sempre negli istanti di maggiore riflessione. Non era mai casuale. Sembrava che questo uccello dal volo ondulato sapesse esattamente quando mostrarsi.

L'upupa è un animale curioso. Migra per migliaia di chilometri, attraversando continenti guidata da un istinto che non mette mai in dubbio. Non si perde in ragionamenti infiniti sulla direzione da prendere. Semplicemente vola. Eppure il suo movimento non è mai frenetico: ondula nell'aria con un ritmo tutto suo, come se danzasse con il vento invece di combatterlo.

Guardandola, riconoscevo qualcosa che in me stava cambiando. Per molto tempo sono stato una persona estremamente razionale, uno che aveva bisogno di analizzare ogni aspetto prima di prendere una decisione. Ogni scelta doveva essere soppesata, calcolata, giustificata. Ma nel tempo, grazie alle giuste influenze e alle esperienze vissute, ho iniziato a fidarmi anche della mia parte istintiva, quella che sa senza sapere perché, che sente la direzione giusta prima ancora che la mente riesca a spiegarla.

L'upupa incarnava perfettamente questo equilibrio che stavo cercando. Vola e basta, senza pensarci. Non ha bisogno di pianificare ogni battito d'ala o di razionalizzare la sua rotta. Segue qualcosa di più profondo della logica.

Durante quegli avvistamenti ripetuti, ho iniziato a capire che forse la risposta alle mie domande non stava nel trovare certezze assolute, ma nell'accettare il movimento stesso. Nel dire sì al cambiamento, anche quando non sai dove ti porterà. Nel fidarmi di quella voce interiore che, come l'istinto migratorio, sa cose che la mente razionale non può ancora comprendere.

L'upupa, inoltre, è legata in molte culture alla trasformazione e alla saggezza. Nell'antico Egitto era considerata messaggera tra i mondi, in altre tradizioni simbolo di virtù e fedeltà. Ma quello che più mi colpiva era la sua capacità di adattarsi: nidifica in cavità, si mimetizza quando necessario, ma non rinuncia mai al suo viaggio.

Mesi dopo, ripensando a quel periodo, mi sembra evidente che quei voli fossero una specie di risposta silenziosa dell'universo. Come se mi stesse dicendo: "Smetti di tormentarti. Fidati del movimento. Il nomadismo non è solo fisico, è anche mentale, spirituale."

Ecco perché ho scelto "Nomad Upupa" per questo spazio. Perché credo nel viaggiare, sia attraverso i luoghi che attraverso i pensieri. Nel cercare stimoli nuovi per scoprire parti di me che non conoscevo. Nel fidarmi dell'istinto di movimento, anche quando la meta non è chiara.

Come l'upupa, voglio imparare a ondulare invece di volare dritto. A essere presente nel viaggio, non solo nella destinazione.

E forse, condividendo queste riflessioni dopo che hanno avuto tempo di sedimentare, qualcun altro riconoscerà il proprio animale guida nel momento in cui sarà pronto.

Le foto mostrate catturano alcuni di quei tramonti e albe siciliane dove l'upupa si mostrava, come un promemoria silenzioso che le risposte arrivano quando smetti di cercarle troppo disperatamente.